Pubblichiamo di seguito l’intervento con cui Mario Lupo ha introdotto il convegno su Ralf Dahrendorf che si è tenuto nella Sala del Cenacolo della Camera dei deputati il 24 giugno 2019 

 

Promuovere la cultura politica e il metodo liberali

Mario Lupo

Gli amici della Scuola di Liberalismo mi hanno chiesto un intervento introduttivo di questo nostro incontro odierno ed io ho accettato con animo grato tanto onore.

Il ruolo che però, in accordo con loro, mi sono ritagliato non è quello di parlarvi di Ralf Dahrendorf, perché questo compito è affidato agli altri relatori che, ne sono certo, lo assolveranno egregiamente e  meglio di me.

Per quanto mi concerne, io vi intratterrò, invece, sul filo rosso che lega l’ evento di oggi e le altre iniziative e realizzazioni della Scuola – da sempre diretta da quel falso piemontese, ma vero liberale che è Enrico Morbelli, in ciò coadiuvato dalla sua valida squadra – e di quel nutrito gruppo di amici, al quale molti di noi qui presenti apparteniamo, che opera  con il nome de I liberali  ed il coordinamento  di Mauro Antonetti e Camillo Ricci.

Lo scopo che accomuna entrambe le sigle non è quello di promuovere la costituzione di un nuovo Partito Liberale per proporlo a quella moltitudine di Italiani che, in assenza dell’agognato e forse mitologico, partito che non c’è,  disertano le urne o votano per improbabili surrogati di questo principe desiderato, pentendosene subito dopo.

Noi della Scuola di Liberalismo e del raggruppamento I Liberali siamo infatti dell’opinione che per affrontare, con l’urgenza che la situazione richiede,  i mali gravissimi dei quali soffre l’Italia, per arrestarne il declino e rilanciarne lo sviluppo sia sbagliato puntare su un un nuovo soggetto politico, che avrebbe, almeno inizialmente, una costituency molto modesta: sarebbe, in altre parole,un ennesimo partitino che si aggiungerebbe, senza alcuna efficacia e anzi con un ulteriore degrado dell’efficienza del sistema, ai tanti che già affollano la scena politica italiana                                                                                                                                                                                                                                                                                                    

L’intendimento che ci accomuna e ci motiva è invece quello di difendere l’identità e promuovere, diffondendola nei partiti e nell’opinione pubblica, la cultura politica e il metodo liberali.

La prima è, infatti, una delle culture storiche del nostro paese e dell’Occidente e la sconfitta militare del fascismo e del nazismo nella 2^ Guerra Mondiale, seguita, nel 1989, dalla caduta del comunismo, in Unione Sovietica e nei paesi suoi satelliti dell’Europa centrale e orientale  hanno fatto, del liberalismo la cultura politica vincente ed egemone nel mondo.

Ma questa vittoria conclamata, sul campo, ha avuto purtroppo anche un indesiderato effetto inflattivo collaterale  dovuto alla propensione di noi umani, soprattutto se Italiani, di saltare sul carro del vincitore o, per usare l’umoristica immagine di Ennio Flaiano, di correre in suo soccorso.

Si è dato e si dà il caso, infatti, che, inarrestabilmente, soggetti con estrazioni, storie personali e  orientamenti polici e culturali molto diversi si siano proclamati r si proclamino liberali e che il valore identitario  di questo sostantivo  ne risulti  perciò, se non svuotato,

 

quanto meno gravemente  compromesso.

Né aiutano  a recuperare questa identità, che rischia di andare smarrita,  le  aggettivazioni e veri e propri distinguo che per lo più  accompagnano questo stesso sostantivo,  prospettandoci,  di volta in volta: liberali conservatori e liberali   progressisti   (i liberal  della terminologia anglosassone);liberali socialisti o laburisti che dir si voglia, detti anche  lib-lab; liberali democratici, la cui enucleazione ci propone l’interrogativo dell’ esistenza ipotetica di liberali non democratici;  e poi ancora: liberali radicali, liberali popolari …e forse i distinguo potrebbero ancora proseguire.

Al  fondo di questa problematica identitaria, oltre all’effetto inflattivo appena denunciato c’è anche il fatto che il liberalismo, pur possedendo un suo sistema di valori e di idealità (l’individuo e i gruppi intermedi, le loro libertà, la loro difesa dai poteri – dello Stato anzitutto – che le limitano e le minacciano), notoriamente non è un’ideologia, ma è un metodo di ricerca della verità: lo stesso metodo sperimentale della scienza, che procede per tentativi e (correzione degli)errori (by trial and error) e per approssimazioni successive.

In conclusione, la mission nella quale Scuola di Liberalismo e I liberali sono impegnati – anche in chiave di necessaria supplenza di quel grande istituto di cultura italiano  che fu la Fondazione Einaudi di Roma, attualmente, più che in sonno massonico, in vero e proprio letargo –  trae motivazione e legittimazione di fondo nel fatto che l’Italia ha più che mai bisogno di cultura politica e di metodo liberali.

Si tratta, superfluo dirlo, di una missione di impegno assai arduo,

anche perché le azioni di contenuto e finalità culturali qui adombrate richiederebbero  di  essere  accompagnate e corroborate da altre, di natura squisitamente politica – che probabilmente trascendono forze e ruoli istituzionali dei due enti in questione -, mirate al  riarmo morale  e alla mobilitazione dei liberali. I quali – è appena il caso di ricordarlo – vengono da una lunga storia di frustrazioni, che dura fin dall’inizio della nostra storia repubblicana del nostro paese e sarebbe importante e desiderabile che potessero offrire un proprio contributo al fermo contrasto che è necessario opporre alle culture politiche (antagonistiche di quelle liberali) delle quali i partiti oggi al governo del paese sono interpreti.

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