Riproduciamo il commento di Saro Freni sui risultati delle elezioni europee, apparso sul sito www.iliberali.org

È tempo di un partito contro le bugie

Saro Freni

31 maggio 2019

Molte cose – il dibattito, il dissenso, il confronto – vengono definite il sale della democrazia. Se questo è vero – e lo è senz’altro – bisogna aggiungere che i commenti postelettorali – soprattutto quelli televisivi – sono la camomilla della democrazia, e spesso una camomilla di cattiva qualità. E la nostra è oggi una politica allo stesso tempo insipida e sonnolenta, fatta di fumo senza arrosto, di analisi che vagano nel nulla, perché non c’è molto di serio – progetti, proposte, idee – da analizzare.

Le recenti votazioni sono state per lo più giudicate in termini nazionali, anche dai commentatori più accreditati. Autoreferenzialità, provincialismo? Forse. Pigrizia? Probabilmente. Voglia di compiacere l’apparente vincitore, Capitan Pirro, senza obiettare nulla di fronte al suo trionfalismo e alle sue rodomontate? A pensar male si fa peccato, con quel che segue. Tanto gossip, molto colore, succulenti retroscena, preziose digressioni sulla genialità delle sue trovate propagandistiche. Tutto qui.

Il variegato populismo italiano pensava di poter trovare qualche solida sponda in Europa per concordare un allentamento dei vincoli e per l’avallo a politiche di spesa assistenziale. Era un’illusione sin dal principio, perché anche molti presunti alleati del sovranismo nostrano si erano espressi in senso contrario. Eppure, questa strategia da Armata Brancaleone è stata presentata come se fosse la cosa più normale del mondo, e il suo condottiero è stato descritto come uno stratega sopraffino. Non lo era, e bastava poco per accorgersene: sarebbe stata sufficiente un’informazione indipendente, onesta e capace di fare il proprio mestiere. Ora sarà la realtà a prendersi delle meritate rivincite contro i suoi manipolatori.

Ma chi si oppone al governo – e si ritiene insoddisfatto delle attuali opposizioni, in quanto complici del disastro o incapaci a porvi rimedio – deve rendersi conto che non basterà attendere sulla riva del fiume. Rischia di venirne travolto, e di cascarci dentro assieme al resto del paese. Esiste una parte dell’elettorato – forse minoritaria, ma non necessariamente irrilevante – disposta a sposare un progetto politico fondato su programmi chiari e precisi, guidato da persone credibili, moralmente integre, competenti ed oneste.

Sarebbe un partito per, ma anche un partito contro. Per la verità dei fatti, innanzitutto, contro gli spacciatori di favole e menzogne. Ma anche per il merito, la competizione, la responsabilità, l’innovazione, la laicità, il progresso scientifico, la promozione e la difesa delle libertà economiche e personali. Sarebbe per il rispetto delle regole, ma per l’abolizione delle regole stupide o inutili. Sarebbe per la razionalità, e non farebbe appello alla “pancia della gente”, come si dice adesso; ma alla testa e al cuore. E soprattutto non parlerebbe di “gente”; ma di donne, uomini, individui, persone.

Sarebbe un partito contro. Contro la demagogia, le soluzioni facili, il pressapochismo, la superficialità, la retorica, il nazionalismo straccione spacciato per attaccamento verso il proprio paese e il clericalismo spacciato per fede religiosa. Ma anche contro uno stile di governo – e di malgoverno – fatto di alibi e mistificazioni; contro il vittimismo, il piagnucolio, lo scaricabarile, la politica del giorno per giorno e del tirare a campare. Contro il clientelismo e il parassitismo, le rendite e i privilegi; e contro lo statalismo miracolistico di destra e di sinistra. E infine contro gli abusi del potere, che in questo periodo sono all’ordine del giorno: un potere arrogante e volgare, sicuro della sua impunità, tragicamente incarnato da personaggi improbabili – adesso sulla cresta dell’onda – che considerano lo stato alla stregua di un feudo personale.

Non lo si potrebbe definire un partito di destra, o forse lo si potrebbe definire così solo se in Italia la destra fosse una cosa seria. Non sarebbe un partito di sinistra, ma non farebbe della sinistra il suo unico avversario. Sarebbe un partito di centro, se un centro esistesse davvero, e non si fosse ridotto da tempo a luogo mitico delle occasioni mancate e dei compromessi al ribasso. È il famoso partito che non c’è – tante volte evocato – per un elettorato che forse c’è. O che comunque sarebbe bello ci fosse.

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